Confini di cura e confini che curano
Chi ha un ruolo educativo, di accompagnamento e di cura è capace di generare pensieri ed energie gentili, di portare chiarezza anche in stanze relazionali in cui le lampadine si sono surriscaldate e fanno a volte, per questo, fatica a rimanere accese. Luoghi dove l’incandescenza della tensione rischia di alzare barriere e di rendere le relazioni più difficili e a rischio di conflitto.
In occasioni come queste relazioni gentili, costruttive e non superficiali possono aiutare a demolire, mattone dopo mattone, le barriere, ad abbassare le difese senza rischio per le parti e, così, consentire allo sguardo di riaprirsi all’esterno con fiducia, a riprendere ad esplorare i confini di Sé e dell’Altro per sapere dove e come ci si può incontrare senza invasioni di campo.
Abbassare la tensione permette di far riaprire lo sguardo e scoprire così, nel rispetto dei confini propri e dell’Altro, dove e come continuare ad incontrarsi.
Il ruolo degli educatori e delle educatrici, siano essi professionisti e professioniste della cura, madri e padri o docenti, possono svolgere questo ruolo fondamentale se prima di tutto partono da sé e dalla cura di sé. Se mettono al centro il silenzio che, creando il vuoto dentro di loro, consente di costruire spazi di confine che favoriscono l’accesso alle risorse personali di creatività e intuizione. È solo attraverso questo percorso di gentilezza verso di sé, infatti, che si può raggiungere quella consapevolezza gentile e presente che ci consente di sapere chi siamo nel profondo e di connetterci alla vita, invece che resisterle.
Il silenzio, creando il vuoto dentro di noi, ci permette di costruire spazi di confine che favoriscono l’accesso alle risorse personali di creatività e intuizione.
Per consentire all’altro di abbassare senza timore le proprie difese dobbiamo prima di tutto smettere di combattere dentro di noi e scegliere di agire andando incontro alle cose, invece di scontrarci con esse, qualsiasi sia la loro natura. Solo così possiamo impegnarci a vivere e lavorare con “ciò” che è vero per noi e lottare per questo, invece di prendere posizione “contro” qualcosa.
Possiamo fare tutto questo se prima di tutto siamo gentili con noi stessi e ci consentiamo quella stessa fiducia, pazienza, perseveranza e amore che ci permette di essere gentili con l’Altro. Perché il confine relazionale è un campo gentile, mobile, dinamico e in continua evoluzione tanto tra sé e sé, quanto tra due o più persone. E perché, per ridurre i confini tra due corpi che si incontrano dobbiamo prima di tutto aumentare la gentilezza nei confini che ci riportano a noi stessi: solo aumentando la gentilezza nei confini che ci riportano a noi, possiamo aumentarla nei confini che accompagnano l’altro a riportarsi a sé.