La sicurezza psicologica nelle aziende:
esperienze efficaci
Il tema della sicurezza psicologica, di cui si discute attorno e nelle organizzazioni, è un tema fondamentale per l’innovazione, oltre che per le organizzazioni che si basano su modelli “teal” o che vivono ambienti organizzativi mutevoli e incerti, ma lo è, altrettanto, per tutte le aziende e tutte le realtà organizzate.
I primi studi in cui si inizia a definire questo costrutto concettuale sono degli anni Sessanta del Novecento, la ricerca è poi ripresa verso la fine del secolo scorso e continua anche ai giorni nostri. E noi in questi anni, abbiamo, appunto, fatto la nostra ricerca e le nostre sperimentazioni, anche grazie alla collaborazione con Giovanni Reale, collega psicologo del lavoro, formatore, consulente senior e fondatore di CambiarParadigma. Di seguito vi presentiamo la nostra concezione e il nostro modello, dopo aver meglio definito cosa intendiamo per sicurezza psicologica.
Perché parliamo di sicurezza psicologica
Più è alto il livello di sicurezza psicologica, più vi è possibilità per le aziende di essere innovative, di veder aumentare il contributo individuale, così come l’apprendimento e favorire un profondo senso di inclusione. Per garantire un buon livello di performance nelle persone, le aziende devono facilitare la possibilità che le persone si sentano “presenti” al lavoro non solo fisicamente, ma anche cognitivamente ed emotivamente.
Per le aziende è risultato determinante, secondo tutti gli studi scientifici, così come per le nostre esperienze, che le persone sentino di poter avere esperienze facilitanti (carico di lavoro, comfort dei luoghi di lavoro…), cognitivamente stimolanti (senza sovraccarico cognitivo) ed emotivamente sicure. Bisogna che l’organizzazione, in questo modo, favorisca nelle persone un’energia performativa continua, non occasionale o ciclica: un modo per far diventare inesistenti o molto marginali atteggiamenti e comportamenti di non fiducia verso i colleghi o i collaboratori, così come la critica espressa sotterraneamente o il silenzio giudicante, la battuta fatta a mezza bocca, con relativa marcia indietro oppure l’abitudine a non sollevare i problemi e tamponare sempre la situazione in qualche modo.
E se, come è successo in passato e, sempre meno, avviene ancora oggi, un’impresa non si occupa della sua sicurezza psicologica? Sono state calcolate, nelle ricerche scientifiche, le ricadute economiche (prestazioni poco efficaci, che comportano costi in termini di tempo e di fatturato), culturali (la trasmissione di comportamenti inadeguati diventano modelli che si tramandano nell’organizzazione, ancorando al ribasso le prestazioni) e sulle persone: chi non vive pienamente il lavoro, ha maggiori possibilità di avere ricadute emotive negative sulle prestazioni lavorative (nervosismo, stress negativo, ansia,…), con ricadute sui clienti, colleghi… oltre che su se stessi.
Dunque, la possibilità di sviluppare appartenenza, inclusione, coinvolgimento, partecipazione, performance
nelle organizzazioni si basa sulla sicurezza psicologica che le persone e i team vivono in azienda e ne sono state dimostrate le correlazioni positive.
Il nostro modello
La definizione di sicurezza psicologica (SP) in cui crediamo è la seguente: le persone si sentono al sicuro se possono manifestare sé stesse, attivare diversi livelli di fiducia verso l’organizzazione e i membri del proprio team (e i colleghi in generale), avendo la possibilità di attivare la propria capacità di apprendimento, di innovazione e risoluzione di compiti complessi. Alla base di questa definizione per noi c’è un modello che abbiamo messo a punto, che esprime la SP come «il sentirsi sentiti» che ognuno prova mentre è in connessione con l’ambiente e le altre persone. É, infatti, il vissuto di ognuno a determinare il benessere generale del contesto, come è stato dimostrato dalle ricerche neuroscientifiche: insomma, viviamo in un «noi» perennemente connesso con gli altri e l’ambiente; l’azienda è un luogo di relazioni, emozioni e vissuti imprescindibili, molto di più di quanto pensavamo. Il nostro modello, elaborato in questi anni di sperimentazione e applicazione, si basa appunto sulle ricerche neuroscientifiche, sulla neurobiologia applicata alla psicologia, assieme agli studi di psicologia organizzativa e all’approccio della consulenza di processo.
Il livello di relazione con gli altri e con l’organizzazione, con tutti gli altri con cui siamo in interazione, ma anche con chi in quel momento non è lì presente, ci dice il livello di SP presente: che livello di interconnessione vi è in azienda? qual è quello tra le persone che vi lavorano? Qual è quello della mia intra-connessione con gli altri e l’organizzazione? Per capirlo dobbiamo cogliere qual è lo stato di co-regolazione che vi è nell’impresa e nelle sue diverse parti, tra persone, team e organizzazione. Come questa co-regolazione si estrinseca in termini di legame psicologico e psicosociale, come stile manageriale di gestione dell’organizzazione e di cittadinanza organizzativa, come luogo condiviso, in equilibrio tra anonimato e familiarità.
Le azioni di intervento
Il nostro modello concettuale e gli strumenti proprietari che abbiamo messo a punto, ci permettono di rispondere a diverse esigenze aziendali, dalla “misurazione” del livello di SP in impresa all’intervento individuale per, ad esempio, rafforzare lo stile manageriale oppure favorire il benessere e l’abbassamento dello stress, passando per la costruzione di team che abbiano un “senso del noi” solido ma evolvibile: assieme si muta con il mutare delle condizioni interne ed esterne, senza strappi, incomprensioni, imposizioni.
A livello complessivo si può aiutare le transizioni organizzative delle aziende, al fine di salvaguardare il rapporto fiduciario che vogliono consolidare o hanno già rafforzato, attivando la sicurezza psicologico a livello neurobiologico: allo stesso modo, si può far prevenzione perché, quando ciò avvenga, vi sia una sorta di risposta “anti-fragile” del sistema azienda.
Anche la formazione può essere un’azione, sempre in senso «preventivo» ovvero come intervento dopo una rilevazione del livello di SP: una formazione attiva, non convenzionale non per la forma ma perché mette in azione la consapevolezza delle persone rispetto al proprio comportamento organizzativo legato alla sicurezza psicologica. Guadagnandoci sia il collaboratore, sia il suo capo sia l’azienda in senso complessivo.
La nostra visione è quella di un approccio consulenziale, formativo e di sviluppo organizzativo e professionale che agisce tutto assieme, che mira ad operare sull’azienda cliente nel suo complesso o su parti ben definite di esso, per intervenire sia sull’interconnessione che è costruita sul triangolo organizzazione (come entità complessa di natura psicosociale e neurobiologica), team (o funzione) e singola persona, perché così si possono creare le condizioni per l’evoluzione della SP e dell’azienda stessa.